Ucraina-Russia: la guerra in Europa

A quando la pace tra Russia e Ucraina?

Le guerre appaiono inevitabili, lo appaiono sempre quando per anni non si è fatto nulla per evitarle

Gino Strada.

Mentre scriviamo i social sono colmi delle foto di Gino Strada, con o senza frase di rito. Ma chi si ferma a riflettere sul significato delle sue parole? su quelle stesse parole che – quasi come se fossero un refrain, con un semplice copia e incolla che ci placa la coscienza e ci permette di continuare a svolgere le nostre quotidiane attività – vengono pubblicate sulla bacheca dei propri social?

Studiare, approfondire, leggere, informarsi costa fatica, tempo e riflessione. Ci abbandoniamo quindi a slogan, foto, frasi fatte e avanti così.

La condanna dell’invasione russa, per fortuna, è unanime e naturalmente ci trova d’accordo. Condanniamo e condanneremo sempre qualunque guerra e ancor di più qualunque aggressione e qualunque aggressore.

Gino Strada

Ma torniamo a Gino Strada che di guerre ne sapeva parecchio e avrebbe ancora tanto da insegnarci. Che cosa voleva dire? Nell’attuale crisi russia-ucraina che cosa è successo negli anni? E a quanti anni ci riferiamo? Che cosa non abbiamo fatto?

Probabilmente dovremmo tornare al 1989 e alla caduta del muro di Berlino che tutto il mondo ha cambiato ma per adesso limitiamoci a tornare al 2014.

Otto anni fa. Che cosa potevamo o dovevamo fare per evitare di arrivare al punto in cui siamo oggi?

Antefatti

Euromaidan – A fine 2013 in Ucraina e soprattutto a Kiev iniziano proteste e manifestazioni di cittadini ucraini, #Euromaidan, appunto. Le proteste continueranno per mesi e il culmine si avrà nel 2014. A Kiev migliaia di persone scendono in piazza per manifestare a favore dell’adesione all’UE e contro i rapporti con la Russia, la protesta terminerà nel 2014 con la dimissione del governo e la fuga dell’allora presidente Janukovic. A questa insurrezione popolare segue l’instaurazione di un nuovo governo.

Euromaidan

Questa sommossa però non trova l’appoggio di tutta la nazione, poiché l’Ucraina ha, storicamente, due anime che convivono all’interno dei suoi confini: una che guarda all’occidente, all’Europa e alla modernizzazione della nazione e che vive soprattutto a Kiev e nella parte occidentale della nazione; l’altra, di etnia e lingua russa che vive nelle periferie e spesso nelle zone di confine orientale, è ancora fortemente legata a Mosca, alla tradizione e spesso guarda con nostalgia all’ex Unione Sovietica. Queste due anime oltre alla caratterizzazione geografica spesso hanno anche una differenziazione generazionale: i giovani tendenzialmente sono più filo-europeisti mentre gli ultra cinquantenni si sentono più nostalgici.

Iniziano quindi, dopo l’instaurazione del nuovo governo filo-europeista proteste nelle zone di confine. La Crimea è una di queste: qui, con l’aiuto esterno di soldati russi, vengono occupati i palazzi del potere. La Crimea sceglie tramite un referendum vinto con una maggioranza quasi plebiscitaria l’annessione alla Russia.

I cosiddetti “separatisti filorussi” dell’ormai famosa regione del Donbass anch’essi in disaccordo con il nuovo governo europeista organizzano proteste che vengono represse dall’esercito regolare ucraino. Dopo mesi di scontri i separatisti fondano le autoproclamate Repubbliche Popolari di Lugansk e Donetsk. Questa conclusione però non arriva in maniera indolore o diplomatica, appunto, ma, porta con se morti e guerra. È del 2014 la cosiddetta “strage di Odessa”.

Le ostilità cessano (o almeno avrebbero dovuto cessare) con l’accordo di Minsk, siglato sotto l’egida dell’Osce, a settembre del 2014

In realtà le ostilità non sono mai cessate, il governo ucraino non ha dato seguito agli accordi di Minsk e la cosiddetta guerra a bassa intensità ha provocato, secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, quasi 20.000 vittime. La cifra include la popolazione civile, i militari ucraini e i membri dei gruppi militanti.

Potevamo fare qualcosa in questi lunghi 8 anni per evitare di arrivare alla situazione di oggi? Probabilmente si, e questo non è il solo punto dolente.

L’altra questione scottante è la cosiddetta “sindrome dell’accerchiamento” lamentata dalla Russia. Cosa si intende?

E sopratutto, per capire la questione a quali anni dobbiamo tornare? Qui la situazione è ancora più complessa, e non basta tornare indietro di 8 anni.

1989: caduta del muro di Berlino. Questo evento epocale ha destabilizzato quello che era stato l’equilibrio, fatto di pesi e contrappesi, nato dopo la seconda guerra mondiale e che aveva avuto come peculiarità la formazione del Patto Atlantico e del Patto di Varsavia.

Blu: patto atlantico
Rosa: patto Varsavia
Grigio: paesi neutrali
Verde: paesi non allineati

Dopo la caduta del muro, il Patto di Varsavia si è dissolto, la Nato invece si è rafforzata questo fa sì che tutti gli equilibri siano destinati a saltare. Probabilmente una cartina è molto più esplicita di tante parole.

Blu: paesi NATO
Celeste: Processo di adesione NATO in corso
Verde: paesi che vogliono entrare nella NATO
Rosso: paesi non NATO

E’ doveroso e giusto ricordare che l’espansione della Nato avviene per scelta volontaria dei singoli paesi, ma, per quanto riguarda gli equilibri internazionali e la sicurezza dei paesi (soprattutto di quelli che non ne fanno parte) questo non fa molta differenza.

In oltre 30 anni, si è fatto nulla per evitarlo? Nessuno ha pensato che questa situazione potesse essere destabilizzante e deflagare da un momento all’altro?

Se la Nato e il Patto di Varsavia facevano parte di un sistema di equilibri, quando uno dei due si è dissolto, la Nato non poteva essere rivista? Trasformata magari in un organismo sovranazionale che tutelasse tutti in una nuova concezione del mondo e dei nuovi equilibri che si stavano creando?

Ci siamo preoccupati in maniera adeguata delle minoranze russe che sono presenti in tutti gli stati della ex Unione Sovietica? Sono stati tutelati i loro diritti? Massimo D’Alema in una recente intervista ha dichiarato «in tutti questi Paesi ex sovietici ci sono delle minoranze russe, anche molto consistenti e noi non ci siamo occupati quasi per nulla della tutela dei diritti di queste minoranze. In tutti i grandi processi di disgregazione degli imperi questi sono problemi che sono rimasti e spesso sono stati all’origine di nuovi conflitti ».

Narrazioni

Spero che si rafforzi la convinzione che le guerre, tutte le guerre sono un orrore

Gino Strada

Siamo così arrivati alla guerra.

La prima guerra in Europa al tempo dei social. Da sempre la storia è associata alla narrazione che della storia si fa, ma ai tempi dei social, la narrazione diventa determinante. Anzi, la narrazione è parte integrante della guerra stessa e spesso è assai difficile distinguere la guerra reale dalla sua narrazione. E, se la narrazione è anche infarcita di fake news, di filmati non veritieri, di narrazioni uniche e dominanti rispetto a altre quasi sottaciute tutto diventa davvero complicato.

Tra le varie narrazioni quella che sicuramente è la più presente sia sui social che nei media tradizionali è – come è comprensibile che sia – quella della solidarietà al popolo ucraino. Funziona sopratutto per immagini e video. È una narrazione emozionale ed empatica, la più umana. Una narrazione che dovrebbe accomunare ogni guerra in ogni parte del mondo. Usiamo ancora le parole di Gino Strada: «Vorrei sottolineare ancora una volta che, nella maggior parte dei Paesi sconvolti dalla violenza, coloro che pagano il prezzo più alto sono uomini, donne e bambini proprio come noi, nove volte su dieci. Non dobbiamo mai dimenticarlo». La differenza che adesso in questa narrazione si sono aggiunti commenti tipo “aiutiamo i veri profughi” sottintendendo così, che esistono profughi di serie A e altri di serie B e in effetti l’accoglienza di oggi rispetto a quella di precedenti guerre pare rispecchiare questo concetto.

Per tutte le altre narrazioni non ci si riesce ad allontanare dalla dicotimia buono vs cattivo, con le relative faziosità da stadio. Quella che Nadia Urbinati in un suo editoriale definisce la “legge binaria” che impedisce di ragionare. Zero analisi e riflessioni – la motivazione ricorrente “ci sarà il tempo per farle successivamente” – come se chi scrive sui social fosse sul fronte e non sul proprio divano; o come se, ad esempio, fare riflessioni impedisse di mandare aiuti umanitari.

Dalle narrazioni, qualunque esse siano, manca un pensiero lungo. Un pensiero complesso, che analizzi, che vada oltre i fatti, che aiuti chi legge a farsi un’idea propria di ciò che sta succedendo e del suo perché. Mancano le opinioni, in qualunque narrazione troviamo solo le notizie e spesso non sono neppure vere notizie e qualche volta non sono neppure notizie vere.

L’altra cosa che colpisce della comunicazione bellica odierna è che parlando di Ucraina, ci si riferisce generalmente al popolo ucraino, al contrario parlando di Russia si intende Putin. Sembra una banalità ma questo particolare magari potrebbe aver contribuito alla russofobia dilagante, quella russofobia che sta cercando di cancellare anche musica, cultura e letteratura russa dai paesi europei.

Governi, politiche e popoli

La guerra che si può fare con migliaia di tonnellate di bombe o con l’embargo, con lo strangolamento economico o con i kamikaze sugli aerei o sugli autobus. La guerra che genera guerra, un terrorismo contro l’altro, tanto a pagare saranno poi civili inermi.

Gino Strada

Torniamo all’Ucraina e al suo popolo e alla Russia e al suo dittatore, non dimenticando però anche il popolo russo e il presidente ucraino.

Vladimir Putin

Vladimir Putin – nasce a San Pietroburgo nel 1952. Si laurea nella stessa città nel 1975 in Diritto Internazionale. Dopo la laurea entra subito nel Kgb e vi resta fino al 1991. Nel 1997 consegue un master in Economia. L’anno successivo, nel 1998, diviene membro del Consiglio di sicurezza della Federazione russa, dopo solo cinque mese ne diventa il responsabile, dopo altri cinque mesi viene nominato primo deputato e Primo ministro della Federazione russa. Il 31 dicembre del 1999, a seguito delle dimissioni di Eltsin, diventa Presidente ad interim della Federazione russa. Una ascesa velocissima. I primi mesi del 2000 con le elezioni, viene confermato Presidente e da allora è stato rieletto 4 volte. Fatta eccezione per il mandato 2008/2012 in cui è eletto un suo fedelissimo e lui ricopre l’incarico di Primo ministro, guida e guiderà la Russia fino al 2024. Quasi un regno. In questi 24 anni è stato accusato di autoritarismo, di omofobia, di culto della personalità e anche di malversazione e peculato. E’ stato accusato di violazione dei diritti umani, di persecuzione dei dissidenti e di aver cospirato contro Ilary Clinton a favore di Donald Trump. Alcune di queste accuse sono sostenute da fatti altre non sono state provate, ma niente di tutto questo gli ha impedito di mantenere stretti e talvolta cordiali rapporti con i capi dei maggiori stati europei e non solo. Rimane comunque sempre legato all’immagine di uomo di ferro. Attualmente Putin, in pieno delirio di onnipotenza, minaccia ritorsioni verso chiunque. Per la pace chiede, come chiedeva prima della guerra, che l’Ucraina sia dichiarato territorio neutrale.

Volodymyr Zelens’kyj

Volodymyr Zelens’kyj – nasce a Kryvyj Rih nel 1978. Si laurea a Kiev nel 2000 in Giurisprudenza, ma non ha mai esercitato. Già dal 1997 lavora come attore, comico e sceneggiatore. Nel 2015 raggiunge un grande successo interpretando una serie televisiva – Servitore del popolo – in cui interpreta un onesto capo di stato. La serie tv nell’anno successivo vince anche diversi premi. Nei primi mesi del 2018 sull’onda dell’enorme successo televisivo la casa di produzione della serie tv fonda un partito chiamato Servitore del popolo e Zelens’kyj si candida per le presidenziali che si terranno nel 2019. Dalla finzione alla realtà il passo sarà breve. Il 21 aprile 2019 è eletto Presidente dell’Ucraina. Dopo la sua elezione, viene definito un populista europeista. Europeista nel senso che guarda all’Europa e a ovest, ma la sua politica è pregnata di nazionalismo. Attualmente oltre a incitare il proprio popolo alla guerra e al martirio se necessario, continua a chiedere all’Europa che l’Ucraina sia dichiarato territorio no-fly zone (richiesta che equivarrebbe all’inizio della terza guerra mondiale…)

Il popolo ucraino attualmente sotto bombardamenti combatte strenuamente contro l’esercito invasore. Donne, bambini e anziani fuggono dalle città per cercare riparo dalla guerra e mettersi in salvo mentre gli uomini e le donne senza bambini organizzano la guerriglia contro il nemico. Le parole chiave delle testimonianze che i media trasmettono inneggiano alla grandezza della nazione, alla cacciata dei russi e all’orgoglio ucraino, “Gloria all’Ucraina” è la frase più declamata.

Il popolo russo è, fin da subito sceso in piazza con imponenti manifestazioni contro la guerra, rischiando pesanti ritorsioni della polizia. A oggi si parla di oltre 15.000 arresti per proteste di piazza. Negli ultimi giorni il governo ha ulteriormente inasprito le leggi contro qualunque forme di governo ma le proteste continuano. Moltissime le manifestazioni di dissenso da parte di personalità russe dello sport e della cultura. Dopo le dimissioni di  Elena Kovalskaya direttrice del teatro stabile di Mosca anche il direttore del Bolshoi,  Tugan Sokhiev, si è dimesso con effetto immediato « sono sempre stato contrario a qualsiasi conflitto e in qualsiasi forma, e sempre lo sarò»

In entrambi i paesi, Russia e Ucraina, le pulsioni nazionaliste e sovraniste sono forti e esacerbate, con diverse motivazioni e diversi obbiettivi ma esasperate e in costante e progressivo aumento. Economicamente parlando la società ucraina è la più povera d’Europa, il reddito pro-capite è di 3.100 dollari all’anno. La regione più ricca è il Donbass. Anche l’Ucraina ha i suoi oligarchi. La Russia dai primi anni 2000 ha avuto un crescita economica notevole, grazie anche alle molte risorse naturali che possiede. La crescita ha subìto un arresto dopo le sanzioni economiche conseguenti l’annessione della Crimea, ma nonostante quelle rimane al 12 posto mondiale in termini di Pil nominale e al 6 come potere d’acquisto. Cosa ne sarà dell’economia russa dopo le sanzioni odierne è materia di studio e dibattito.

Guerra o diplomazia

Ci sono tanti modi per intervenire. Il dramma di oggi è che di fronte a qualsiasi problema si pensa solo ed esclusivamente in termini di «che risposta militare diamo», cioè «quanti uomini mandiamo, dove, chi li comanda.

Gino Strada

Ancora lui, è difficile prescindere dal suo pensiero in questo periodo e forse la verità è che non vogliamo farlo. Vogliamo tenerlo ben presente, perché ci manca e perché lui riusciva a essere lucido e coerente come pochi e quando parliamo di guerra il suo pensiero ci guida e ci illumina.

Se davvero abolissimo la guerra con essa aboliremmo anche le armi. Contestualmente se aboliremmo le armi non potremmo più fare la guerra. Una grande utopia dalla quale Gino Strada non voleva mai prescindere. Da quanto tempo la politica e i movimenti non parlano più di disarmo? Anzi, l’Europa sta cambiando e anche la Germania storicamente scevra a investimenti nella difesa ha annunciato una corsa al riarmo con un massiccio investimento di 100 miliardi per rafforzare il suo esercito.

Dov’è la diplomazia? come possiamo pensare di porre termine al conflitto senza un importante e tempestivo intervento diplomatico? Oggi il dibattito si concentra quasi esclusivamente su invio di armi si/invio di armi no. Come per qualunque altro argomento pensiamo che il dualismo sia spesso fine a se stesso e con contribuisca al ragionamento e alla comprensione dei problemi, ma se davvero dobbiamo prendere posizione ci resta molto difficile pensare che maggiori armi possano risolvere i conflitti e che maggiori armi portano sempre (prima o poi) a maggiori conflitti. Non vogliamo cadere nella banalizzazione dei paragoni con altre guerre, altri contesti, altre epoche (siano essi la resistenza italiana o le armi ai talebani) e terminiamo queste piccola riflessione così come l’abbiamo iniziata con le parole di Gino Strada.

Credo che la guerra sia una cosa che rappresenta la più grande vergogna dell’umanità. E penso che il cervello umano debba svilupparsi al punto da rifiutare questo strumento sempre e comunque in quanto strumento disumano

Io non sono pacifista, io sono contro la guerra

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