Mistero e processo di Giovanna D’Arco, un’opera di Roberto De Simone
Pisa – Il Teatro Verdi di Pisa, in occasione della riapertura nel 1989, dopo tre anni di chiusura per il restauro architettonico conservativo e l’adeguamento alle nuove norme di sicurezza emanate a seguito del drammatico incendio del cinema Statuto a Torino, su proposta dell’allora direttore Riccardo Bozzi e di Roberto Scarpa (certo non nuovi a slanci innovativi che nascevano dai loro confronti di idee: basta pensare al solido rapporto con Carmelo Bene, per citarne una, o al Carnevale dell’81 “La Ragione insidiata”, o ai debutti di Gabriele Lavia e di Gigi Proietti come registi di opera lirica), decise di commissionare a Roberto De Simone una nuova opera inedita, con cui inaugurare in maniera adeguata la restituzione alla città del suo storico teatro.
Le strade del teatro e del Maestro si erano già incontrate sia per la messa in scena di alcuni suoi spettacoli nella Stagione teatrale che in occasione della sua docenza a uno dei corsi di “Prima del Teatro”, incontro tra le maggiori scuole teatrali europee all’epoca ospitato a Bagni di Lucca, ed era stato in quella circostanza che era nata l’idea di affidare al Maestro questa importante occasione.
L’opera Mistero e processo di Giovanna d’Arco, nata come coproduzione con i teatri di Parma e Reggio Emilia, debuttò a Pisa, in prima mondiale assoluta, il 26 ottobre 1989 (con repliche il 27, il 28 e il 29 ottobre). Molteplici vicissitudini precedettero quel debutto a cominciare dall’accusa di essere opera “blasfema” che, come prima conseguenza, comportò la rinuncia a dirigerla, con argomentazioni per il vero legate a una presunta difficoltà di lettura della partitura, il M° Angelo Cavallaro, allora direttore artistico per le attività musicali del Teatro di Pisa.

L’opera era un perfetto connubio tra teatro, danza e musica, in strabiliante equilibrio e amalgama fra loro, ed era di grande potenza visiva, ma dopo le repliche pisane non venne mai ripresa nemmeno dai due teatri coproduttori (con conseguenze legali protrattesi per anni) nonostante l’enorme successo di pubblico e di critica. Ampi furono infatti i resoconti sui giornali e sulla stampa non solo specializzata ma anche di costume. Il mensile «Musica Viva» le dedicò un primo breve resoconto nel numero di dicembre e poi a gennaio la copertina e una lunghissima, ricca e argomentata ottima recensione sotto forma di dialogo fra Lorenzo Arruga e Carlo Maria Cella sotto il titolo di “Forse uno spiraglio per il teatro del futuro”; e di Giovanna scrissero Daniele Spini su «Amadeus» e su «Il Mattino», Davide Annachini su «Opera», Emma Chiaia su «Amica», Giorgio Gualerzi su «Famiglia Cristiana», Mario Pasi su «Il Corriere della Sera» (nel sottotitolo, In prosa e musica (anche elettrica) un magnifico De Simone),Carlo Maria Cella su «Il Giorno», Sandro Cappelletto su «La Stampa», Guido Barbieri su «Il Messaggero», Erasmo Valente su «L’Unità», Fiamma Nicolodi su «Il Paese sera».
Altro inspiegabile motivo, nonostante la reiterate richieste da parte del teatro e dei più stretti collaboratori del Maestro (fra cui Mariano Bauduin che si adoperò moltissimo quando la casa editrice Einaudi si dichiarò interessata a pubblicare il testo corredato dalle foto e dal VHS dell’opera, come già aveva fatto per La Gatta cenerentola), è il perché la Rai, presente a Pisa con gran dispiego di mezzi e maestranze durante il periodo delle prove e delle recite, non abbia mai montato tutto il materiale girato per mandarlo successivamente in onda.
Tra l’altro quella testimonianza sarebbe di un valore inestimabile sia tenuto conto che le monumentali scenografie ad opera di Mauro Carosi sono andate distrutte nell’incendio che interessò il magazzino del teatro, ospitato al tempo nelle ex colonie di Calambrone, che per la presenza nel cast di nomi che hanno fatto la storia del teatro italiano e che purtroppo sono scomparsi come, per citarne alcuni, Giorgio Pierfederici, Mario Valgoi, Franco di Francescantonio, Micha van Hoecke.
Per questo motivo è nata l’idea di una petizione online, per sollecitare la Rai a recuperare quel materiale di indiscutibile valore documentale, ora più che mai, anche come un doveroso omaggio a colui che, come scrive Gino Castaldo, è stato: ”Un gigante, unico dirompente ed eccentrico. Al di là dei tanti rispettabilissimi titoli accademici accumulati da Roberto De Simone nella sua lunga e fertilissima carriera, è bene ricordare come sia stato uno degli intellettuali più originali e innovativi che abbiano attraversato la musica italiana”.
Silvano Patacca e Maria Valeria Della Mea
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De Simone magnifico!