Memorie di metallo, lacrime e sudore: Strana Officina
«Quando ascolto Luna Nera mi sembra di tornare a quella sera lì:
l’imbrunire, una serata particolare in mezzo al campo, la luna,
due anime che sono andate via…»
Gabriella Pacetti Cappanera
Il 3 dicembre 2015 è stato un giorno importante per l’editoria musicale underground italiana. In quella data Crac Edizioni ha pubblicato Batti il martello, la tanto attesa biografia ufficiale del più famoso gruppo Heavy Metal che la Toscana abbia mai partorito: la Strana Officina.
Alex Ventriglia – noto giornalista musicale che ha sulle spalle anni di collaborazioni con le riviste H/M, Ciao 2001, Metal Maniac – è riuscito a concentrare in 150 pagine il vero spirito di unità e tribù che ha guidato questa formazione labronica sia negli anni della gioventù che in quelli della maturazione, senza cadere nella retorica quando si è trattato di affrontare gli argomenti più drammatici e tragici che hanno colpito duramente i protagonisti di quest’avventura musicale.
Il libro procede in ordine cronologico con una precisa scansione degli eventi che vengono raccontati dal giornalista in modo chiaro, semplice, senza usare un lessico troppo tecnico o specifico, senza entrare in disquisizioni musicali che non avrebbero giovato alla narrazione. In questo modo anche il lettore cosiddetto generalista potrà avvicinarsi alla storia di questa rock band, interessarsi agli intrecci di amicizia e professionalità che da sempre hanno contraddistinto lo spirito di tutti i musicisti coinvolti nella narrazione.
La famiglia Cappanera è il punto focale del volume di Ventriglia. Figli di Rolando e di Concetta, fratelli di Andrea e Bruno, Fabio e Roberto Cappanera, rispettivamente chitarra (e che chitarra!!) e batteria sono stati il motore e l’anima di questa formazione musicale. Il debutto risale al 1970. La location? Un piccolo stadio rionale del quartiere livornese Corea. Per l’occasione sfoggiano un repertorio composto dalle canzoni dei Formula 3. Il vero esordio dei fratelli Cappanera avviene in realtà in quell’officina sita in Piazza XI Maggio, vero e proprio crocevia di musicisti e di lavoratori, di sudore e di sacrificio, di unità musicale, intellettuale e familiare e nella quale i fratelli incontrano – vista la vicinanza con il distributore di benzina nel quale lavorava – un altro tassello importante per la loro futura carriera: il bassista Enzo Mascolo.
La storia entra nel vivo e nella metà degli anni ’70 ci troviamo catapultati nella realtà del jazz-rock nella quale Fabio, Roberto ed Enzo (a volte coadiuvati dal pianista Sandro La Fratta) si dedicano alla composizione ed esecuzione di brani strumentali. Il loro impegno con l’ARCI li porterà a suonare il 28 giugno 1976 alla Festa del Proletariato Giovanile in quel di Milano (Parco Lambro). Dopo poco sarà la volta dell’ingresso del cantante Johnny Salani con cui la Strana Officina debutterà dal vivo nel 1979 alla Fortezza Nuova di Livorno.
Dopo aver accennato anche quello che contemporaneamente stava succedendo a Prato con la Bud Blues Band, l’autore si sofferma a parlare del Salani autore. Nelle sue liriche è possibile respirare umori di un’Italia che non esiste più, rappresentando delle memorie personali trasposte in versi. Dagli amori clandestini e stradaioli di Profumo di Puttana ad invettive contro l’eroina come in Sole, mare, cuore passando per episodi autobiografici come Non sei normale o Vai vai. I grandi classici della Strana Officina nascono tutti in questo periodo (Autostrada dei sogni, Il corvo è là, Non c’è più mondo, Piazza Cavour) e formano lo scheletro di quel repertorio che la band porterà in giro per l’Italia accanto a grandi nomi (la PFM in quel di Perugia, Vasco Rossi alla Bussola Domani di Viareggio, il Pistoia Blues ’80) e ad avere contatti con l’entourage di Pino Daniele e Tullio De Piscopo.
Con l’avvento del metal britannico, in Italia, tra 1980 e 1981 avviene un piccolo terremoto musicale. Come racconta Ventriglia il concerto dei Saxon «li convince definitivamente a passare al metal». Ricorrendo ai database del web scopriamo che i Saxon nel 1981 fecero ben 11 date lungo lo stivale, infiammando teatri-tenda e palazzetti dello sport. Salani non accettò di buon grado questo cambio stilistico, non divenne mai un metallaro e quel ragazzo della Bud Blues Band, che seguiva i concerti della Strana Officina sempre in prima fila, conoscendo tutti i pezzi a memoria, divenne il prescelto per succedere a Johnny Salani. Lui si chiamava e si chiama Daniele “Bud” Ancillotti e sarà il cantante di tutti gli Lp incisi dalla band. Insieme a Bud entra nella band anche il chitarrista Marcello Masi. Il 1982 è l’anno del primo demo-tape del quintetto e Ventriglia riempie la narrazione di gustosi retroscena come quello della mancata collaborazione tra Gianna Nannini e Fabio Cappanera per un tour in Germania o l’avventurosa serata di supporto a John Mayall a Portoferraio.
Finalmente nel 1984 la Strana Officina incide il primo lavoro chiamato semplicemente Strana Officina; il bravo saggista racconta la genesi del disco negli studi di Umbi Maggi a Modena ed il successivo tentativo di collaborazione con Vittorio De Scalzi e Nico Di Palo dei New Trolls. Poi è la volta dell’abbandono di Marcello Masi, dell’avvicinamento alla lingua inglese con il mini Lp The Ritual e la conseguente amicizia con il paroliere e disegnatore James Hogg, del primo full-lenght Rock ‘n’ Roll Prisoners, delle date in Svizzera e in Cecoslovacchia e la pausa per il progetto solista dei fratelli Cappanera.
Ogni fatto è raccontato da Ventriglia con la verve adatta al contesto e quando arriva il momento di affrontare i tragici fatti del 23 luglio 1993 lo scrittore lo fa nel modo migliore. Ricostruisce la drammatica serata dell’incidente automobilistico di Fabio e Roberto, le reazioni dei cari, l’impotenza di fronte al destino avverso, il tutto con una grande dignità di narratore appassionato.
La seconda parte del libro è quella che racconta la seconda fase della band con Dario Cappanera alla chitarra (figlio di Bruno, nipote di Fabio) e Rolando Cappanera alla batteria (figlio di Roberto). Dai primi tentativi di continuare a suonare dal 1993 al 1995 fino alla vera ripartenza dal Gods of Metal 2006. Da quel giorno non passa momento che la Strana Officina non abbia idee nuove: la ristampa degli Lp storici, la ri-registrazione dei classici, l’album di inediti Rising To The Call, la ristampa in Cd della loro discografia con moltissime live-tracks degli anni ’80 e soprattutto non mancano i concerti: vere occasioni per farci raccontare, oggi come trent’anni fa, il loro vissuto, le loro storie crepuscolari, vere e malinconiche, quelle storie che riescono rendere vividi i ricordi di chi c’era e iniettare nei più giovani le sensazioni che, per motivi anagrafici, non hanno potuto vivere sulla loro pelle. Storie e memorie tramite le quali il pubblico si commuoverà sempre nel momento in cui il Bud celebrerà il sentito tributo ai caduti del rock ‘n’ roll.
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