Zeder (Pupi Avati, 1983)
Giovedi 19 Febbraio, alle 21:45, nell’ambito del Cineforum “Nuovo Cinema Inferno” organizzato da “Torpedo Lucca”, verrà proiettato Zeder di Pupi Avati. La proiezione avverrà alla Biblioteca popolare S.Concordio – Ex circoscrizione 7 – Via Urbiciani 362, Lucca.
Ma quanto sarà difficile ambientare un horror di derivazione “zombesca” tra Bologna, Cesenatico, Milano Marittima e Chartres? Solo una persona, tra i registi del cinema popolare italiano, poteva riuscire nell’impresa di rendere credibile una trama nera in un contesto ameno, soleggiato, vacanziero. Questa persona si chiama Pupi Avati e con Zeder è riuscito a confezionare il più originale horror del panorama italiano anni ’80. Non che il tema dei morti viventi non fosse mai stato affrontato nel “belpaese”, anzi! Il capostipite (e capolavoro) fu sicuramente Zombi 2 (Lucio Fulci, 1979) mentre Zombi holocaust (Marino Girolami, 1979) e Le notti del terrore (Andrea Bianchi, 1981) sono di un livello minore.
Zeder è l’unica incursione nell’horror di Pupi Avati durante gli anni ’80, se non si considera la sceneggiatura scritta per Macabro di Lamberto Bava. Dopo aver marchiato gli anni ’70 con il suo stile gotico-padano che ha reso particolari e personali pellicole come La casa dalle finestre che ridono, Thomas…gli indemoniati, Le strelle nel fosso, Avati torna sul luogo del delitto e, insieme al fratello Antonio e al collaboratore Maurizio Costanzo, scrive una storia assolutamente imperdibile per gli amanti delle vicende sovrannaturali. L’horror avatiano – come insegna il capolavoro La casa dalle finestre che ridono – è costellato di personaggi che vivono al confine tra la realtà e l’irrealtà, tra un intimismo provinciale (quasi felliniano) e misticismo fisiognomicamente lugubre.
Avevamo detto che il film è ambientato in luoghi solari? Certo è vero, ma merito del successo del film è dovuto alla scelta del mostro architettonico chiamato “Colonia Varese”, sita in Milano Marittima, luogo centrale per lo sviluppo e l’epilogo di una faccenda nata dalla scoperta, in un nastro magnetico di una macchina da scrivere elettrica, di alcune parole misteriose che rimandavano all’esistenza di terreni-K, ovvero terreni in cui è possibile il ritorno dalla morte.
Gabriele Lavia – già volto noto di celebri horror come Profondo Rosso, Inferno, Chi sei? – si trova invischiato in faccende che non dovrebbero riguardare un giovane studente fuori corso. Ecco quindi che l’intimismo avatiano – che in quel decennio toccherà punte significative con Regalo di natale, Impiegati, Ultimo minuto – andrà a frantumarsi in strutture più alte, in tecnocrazie di un potere invisibile, intangibile ma presente. E quindi per Stefano (Lavia) non resta che l’amore per Alessandra (Anne Canovas), e quindi non resta che la morte…
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